Eleonora Duse – Film “CENERE” 1916

1916 – 2016 CENT’ANNI DI CENERE

L’attrice divina, Eleonora Duse, volle interpretare e co produrre un film tratto dal romanzo di un’altra grande artista, Grazia Deledda. Attratta in quegli anni dalla figura della “madre”, Eleonora Duse, scorge nel romanzo della Deledda e nella sua ambientazione, la Sardegna rurale del secolo scorso, lo scenario ideale per far emergere quei sentimenti primordiali ed eterni legati all’amore che lega una madre ai suoi figli e che travalica ogni umano accadimento, fino alla fine.

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Cenere è un film muto girato nel 1916 diretto ed interpretato da Febo Mari, ed è tratto dall’omonimo romanzo del 1904 della scrittrice Grazia Deledda. In questa pellicola, girata nell’agosto 1916, si registra l’unica interpretazione cinematografica dell’attrice teatrale Eleonora Duse.

ELEONORA DUSE

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(Vigevano 1858 – Pittsburgh, Pennsylvania, 1924). Lavorò sopratutto per il teatro, imponendosi con un tipo di recitazione febbrile e di forte impatto emotivo e visivo, lontano dai consueti canoni recitativi dell’epoca, conquistando vasta fama e ammirazione.
Seguì dapprima le non altissime fortune dei suoi parenti (v. Duse); né ebbe poi grande successo, pure in compagnie di maggior nome (con L. Pezzana, I. Brunetti, A. Drago ed E. Dondini, F. Ciotti ed E. Belli Blanes). Mentre recitava a Napoli nel 1879 al teatro dei Fiorentini, notata da Giovanni Emanuel, fu da questo segnalata a Giacinta Pezzana che la volle con sé e le fu larga di consigli e di ammaestramenti; scritturata come seconda donna nella compagnia di Cesare Rossi ne divenne la prima attice nel 1881, quando la Pezzana lasciò la compagnia: nel 1882 trionfò a Torino nella Principessa di Bagdad di A. Dumas figlio, subito dopo fu acclamata a Roma e in altre città. Contro le consuetudini della recitazione tradizionale, con mezzi espressivi personalissimi, di notevole efficacia suggestiva, potente nell’impeto passionale, infondeva un’avvincente vitalità scenica nei personaggi da lei interpretati: di A. Dumas (La signora dalle camelie), di V. Sardou, di H. Meilhac e L. Halévy (Frou-Frou), di E. Renan (L’Abbesse de Jouarre), di G. Verga, di G. Giacosa, di C. Goldoni, ecc. Sposò Teobaldo Checchi, suo compagno d’arte, ma dopo qualche anno di convivenza si separò da lui. Dal 1881 l’intima, serena amicizia con A. Boito le giovò per estendere e approfondire la sua affrettata, disordinata cultura, avviandola alla conoscenza di nuovi autori, tra i quali poi la D. predilesse H. Ibsen di cui fu mirabile interprete (Casa di bambola, Rosmersholm, La donna del mare). Iniziò nel 1890 i suoi giri all’estero che, continuati per molti anni, fino al 1909, la portarono più volte in Egitto, in ogni paese d’Europa e negli Stati Uniti. Nel 1895 ebbe principio la sua relazione con G. D’Annunzio: presa dal miraggio di una nuova, splendida arte, volle interpretare dinanzi a un pubblico non benevolo i primi drammi dannunziani (Sogno di un mattino di primavera, Sogno di un tramonto di autunno, La Gioconda, La Gloria); per ultimo, in una fastosa cornice scenica, la Francesca da Rimini (1901). Stanca e delusa, nel 1909 lasciò le scene. Nel 1916 accettò di interpretare per A. Ambrosio il film Cenere, dall’omonimo romanzo di G. Deledda, da lei stessa ridotto per il cinema. Tornò al teatro a Torino nel 1921 dinanzi a un pubblico nuovo che la conosceva solo di fama, subito entusiasta e soggiogato dalla sua arte possente; e recitando opere di Ibsen, D’Annunzio, M. Praga e T. Gallarati-Scotti fu in altre città d’Italia, a Londra, in Austria e negli Stati Uniti, dove, dopo breve malattia, si spense quasi improvvisamente; la sua salma fu trasportata ad Asolo.